Durante il seminario dal titolo “La nuova programmazione 2021-2027 e la gestione dei fondi europei”, organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma Tre lo scorso dicembre, si è parlato di come orientarsi al meglio nel mare magnum dei finanziamenti europei 2021-2027!
Vuoi sapere cosa ci hanno raccontato? Iniziamo!
Nel maggio 2018 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta per la nuova programmazione dei fondi 2021-2027 che vedeva, tra i punti di maggior rottura con il precedente settennato, una riduzione sostanziale dei fondi per la PAC (Politica Agricola Comune) e per la Politica di Coesione.
Tuttavia, come riportato nel documento “Il nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027” pubblicato il 25 ottobre 2019 dalla Camera dei Deputati - Ufficio Rapporti con l’Unione Europea, l'Italia, con 36,3 miliardi di euro a prezzi correnti e 32,3 miliardi di euro a prezzi costanti, sarebbe il quarto Paese beneficiario dei fondi PAC 2021-2027, dopo Francia, Spagna e Germania.
Per quanto riguarda la politica di coesione, la nuova programmazione dovrebbe vedere innalzata la soglia per le regioni in transizione. Questo significa che per essere definite in transizione occorre un RNL pari o superiore al 75% e inferiore al 100% della media UE (prima il valore doveva rientrare tra 75 e 90).
Inoltre, pur rimanendo l’RNL regionale il valore più rilevante, nuovi criteri concorreranno nella definizione del livello di sviluppo delle regioni, tra cui:
In generale, quindi, i fondi della Politica di Coesione andranno incontro una riduzione, ma per l'Italia, secondo i nuovi criteri, dovrebbe esserci un aumento da 34 a 43 miliardi di euro circa (38 miliardi di euro a prezzi costanti 2018) rispetto al budget 2014-2020.
Sia la PAC che la Politica di Coesione daranno priorità alle questioni ambientali e climatiche per assicurare sistemi sicuri e sostenibili di produzione di cibo di elevata qualità e favorire l’adattamento alle trasformazioni climatiche in termini di tutela ambientale e infrastrutture.
Come si vede nel grafico in basso, i fondi per il programma LIFE aumenteranno, arrivando a 5,4 miliardi. Inoltre, mentre nella programmazione 2014-2020 si destinava al settore ambiente e clima il 20% del bilancio UE (206 miliardi), nella programmazione 2021-2027 la percentuale salirà al 25% (320 miliardi), ossia 114 miliardi in più.
Più in generale, il budget vedrà un aumento complessivo di 109 miliardi per quanto riguarda i fondi destinati a:
In particolare, il digitale verrà messo in prima linea, perché considerato uno dei settori a maggior valore aggiunto europeo e con elevate potenzialità di sviluppo, data la sua natura trasversale (si pensi ad esempio alle applicazioni del digitale nel settore agricolo).
I fondi che finanziano la digitalizzazione saranno i seguenti:
Particolare attenzione merita il nuovo programma Digital Europe che, con una dotazione di 9,2 miliardi, mira alla transizione completa al digitale per cittadini e imprese, attraverso la rete dei Digital Innovation Hub. Il programma mira allo sviluppo di 5 settori in particolare:
"Ma cos'è successo dal 2018? Qual è lo stato di avanzamento dei lavori sul nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027?"
Innanzitutto, la nuova Commissione Europea è pienamente operativa dal 1° Dicembre 2019, con Ursula Von der Leyen alla guida e, con la nuova programmazione, si passa da 5 macro aree prioritarie a 7:
1. Mercato unico, innovazione e agenda digitale
2. Coesione e valori
3. Risorse naturali e ambiente
4. Migrazione e gestione delle frontiere
5. Sicurezza e difesa
6. Vicinato e resto del mondo
7. Pubblica amministrazione europea
Esistono al momento 3 fonti per il budget UE:
Il primo tipo di risorse costituisce un'entrata reale, mentre la terza è il risultato delle quote versate dai singoli Stati Membri e costituisce il 70% delle entrate dell'UE. Con la nuova programmazione, la Commissione propone di confermare queste 3 risorse proprie, ma con alcune modifiche:
Inoltre, si vogliono introdurre 3 nuove risorse:
Il sistema di scambio delle quote di emissioni è il primo mercato mondiale della CO2 e si basa sul principio della limitazione e dello scambio delle emissioni.
La CE fissa un tetto alla quantità totale dei gas serra che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema e che si riduce nel tempo in modo che le emissioni totali diminuiscano. Entro questo limite, le imprese ricevono, acquistano e scambiano quote di emissione, che essendo limitate nel numero totale hanno un valore.
Alla fine di ogni anno le società devono restituire un numero di quote sufficiente a coprire le loro emissioni se non vogliono subire pesanti multe. Se un’impresa riduce le proprie emissioni, può mantenere le quote inutilizzate per il futuro fabbisogno o venderle a un’altra impresa.
La maggior parte dei Paesi membri, con l'eccezione di Italia, Francia, Portogallo e Grecia, non sembra entusiasta all’idea di introdurre nuove fonti di risorse proprie diverse da quelle proposte dalla CE come la web tax, l'imposta legata al mercato unico (Single Market Levy) o la proposta di dazi sulle emissioni di CO2 (Border Carbon Adjustments BCAs).
In ogni caso, l'obiettivo è un bilancio meno orientato alla ridistribuzione e più agli investimenti, più equo e frutto di un maggior allineamento tra i contributi dei diversi Stati Membri. Il tema dei saldi netti resta, infatti, tra i più caldi.
Nel settennio 2014-2020 la media del contributo nazionale al budget europeo, calcolata sull’RNL di 28 Stati, è stata dello 0,81%.
Nel settennio 2021-2027, senza il Regno Unito, si passerà a una media dello 0,91%.
Il contributo nazionale dell'Italia al budget europeo è stato dello 0,87% del proprio RNL, con un ritorno sull’investimento pari a 81,63 miliardi, ossia il 4,33% dell’RNL stesso. Qualcosa di molto simile è accaduto anche a tutti gli altri Stati Membri, a prova dei vantaggi economici derivanti dall'integrazione del mercato unico.
A questo proposito, il CIAE, Comitato Interministeriale per gli Affari Europei, preceduto dal CTV, Comitato Tecnico di Valutazione che coordina la predisposizione della posizione italiana rispetto alle politiche europee, elaborerà entro il 6 dicembre 2019 un pacchetto di negoziato da presentare tra l’11 e il 12 dicembre al Consiglio Europeo.
Quest’ultimo definirà meglio le quote contributive, ma molto probabilmente non si riuscirà ad arrivare a un negoziato completo entro il 2019, come ci si augurava, ma si parla di semestre croato se non addirittura di semestre tedesco per la pubblicazione del budget definitivo.
Ciò significa che vedremo qualcosa di più concreto solo nella seconda metà del 2020 e che potrebbero, quindi, esserci dei ritardi nell’avvio dei nuovi programmi.
Più in generale, secondo le stime della CE, il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 sarà pari a circa l’1,11% del RNL dell’UE, nonostante ad ottobre 2019 il Parlamento Europeo abbia ribadito la propria posizione sull’1,3%.
Se da una parte Austria, Svezia e Olanda spingono per non superare l'1% e per concentrare le risorse sui settori che possono rendere l’Europa più competitiva, con una riduzione dei fondi per la PAC e la politica di coesione, dall’altra molti Paesi ritengono tale bilancio marginale rispetto alle sfide e agli obiettivi del settennato (con particolare riferimento a migrazioni, difesa e sicurezza) ma anche rispetto ai settori R&I, PAC e coesione. In particolar modo se pensiamo al volano che i finanziamenti rappresentano per tutti gli Stati Membri in termini di sviluppo socio-economico.
L'Italia rilancia con 1,1%, Ungheria ed Estonia propongono 1,16%. La presidenza ha proposto una negotiating box di 1,075%, 50 miliardi in meno rispetto all'1,11% iniziale, ma è ancora tutto in gioco.
Per scaricare le slide del seminario e tutti i documenti sulla nuova programmazione 2021-2027 dai un’occhiata alla nostra Area Didattica!
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